TROMBOSI DELLA VENA CENTRALE DELLA RETINA. Dalla teoria alla pratica clinica.

DI COSA SI TRATTA?


E’ una patologia vascolare che può portare alla cecità, la più comune dopo la retinopatia diabetica.
Si riconosce per le emorragie retiniche diffuse e l’aspetto tortuoso e dilatato delle vene.
Colpisce la popolazione sopra i 50 anni, ma negli ultimi anni si segnala un forte aumento dei casi anche sotto i 40 anni!


QUALI FORME ESISTONO?


Le trombosi venose posso riguardare tutta la vena centrale o soltanto una parte di essa, ne esistono diverse forme date da:

  • edema: iniziano lentamente completandosi entro 10 giorni;
  • ischemia: iniziano i maniera repentina provocando l’insorgenza di membrane neovascolari formate da capillari patologici, che potrà portare a glaucoma;
  • forme miste: tipiche dei soggetti con ipertensione arteriosa;
  • forme del giovane: in genere basta la terapia farmacologica, ma possono esserci delle recidive.

Nelle occlusioni di branche della vena centrale della retina in genere è necessario intervenire col laser al fine di evitare complicazioni, glaucomi ed emorragie.



TERAPIA


La terapia farmacologica cura i fattori di rischio una volta individuati.

La terapia medica locale gestisce le complicanze tramite colliri, Fans e cortisonici.

La terapia fisica si avvale del laser ad argon e cerca di gestire le complicanze, quali ischemia retinica periferica con proliferazione neovascolare e edema maculare in TVBR.

Il corso approfondisce le metodiche strumentali più utilizzate attualmente, soffermandosi sulle cure più efficaci che hanno preso piede negli ultimi anni.


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COVID-19 E TROMBOSI RETINICA


Nell’analizzare i vari casi, si prendono in esame anche le correlazioni di una risposta iperinfiammatoria che può scatenare il covid-19, portando ad occlusioni in zone inusuali come quelle retiniche.

Prendere in considerazione una precoce terapia anticoagulante in soggetti a rischio affetti da covid-19 potrebbe prevenirne l’insorgenza.

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In questo corso ECM dal titolo TROMBOSI DELLA VENA CENTRALE DELLA RETINA. Dalla teoria alla pratica

a cura della a cura della dott.ssa Francesca Fronticelli Baldelli si pone l’obiettivo di dare rivedere brevemente i tratti distintivi della trombosi retinica, passando attraverso l’evoluzione negli anni dell’iter diagnostico e approfondendo le metodiche strumentali più utilizzate attualmente. Valutazione di alcuni casi clinici “classici” per capire come affrontare nella pratica clinica la problematica. Focus on ciò che è capitato e sta capitando nell’ultimo anno: la correlazione sempre più emergente tra infezione da Covid-19 e l’insorgenza di patologie trombotiche anche a localizzazione retinica.

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Il corso è così suddiviso:

1) Definizione e quadro clinico
2) Complicanze più importanti
3) Popolazione interessata
4) Fattori predisponenti
5) Forme cliniche :
– OVC ischemica
– OVC non ischemica
6) Approccio diagnostico
7) Istologia e fisiopatologia
8) Sintomatologia
9) Valutazione iniziale
10) Decorso e prognosi
11) Occlusione venosa retinica di branca
12) Complicanze edema maculare non ischemico
13) Complicanze edema maculare ischemico
14) Trattamento laser delle edema maculare
15) Terapia:
– Introduzione
– Trattamento medico TVCR:
a) triamcinolonone
b) Ozurdex
c) AntiVegf:
d) Ranimizumab
e) Bevacizumab
f) Aflibercept
16) Terapia medica TVBR:
– laser
– corticosteroidi
– antiVegf
– Ranimizumab
– Bevacizumab
– Aflibercept
17) Terapia medica: Real Life
18) FAG
19) OCT strutturale
20) AngioOCT e occlusioni vascolari
21) Casi clinici:
– I TROMBOSI DI BRANCA
– II TVCR
– III TVCR
– IV TVBR
22) COSA C’È DI NUOVO OGGI
23) CORRELAZIONE TRA COVID-19 DISEASE E TROMBOSI RETINICA: CASI CLINICI
BIBLIOGRAFIA
QUESTIONARIO DI VALUTAZIONE FINALE

La prova di apprendimento potrà essere effettuata al termine del corso, dopo aver seguito le lezioni.

La prova di apprendimento consisterà in un questionario composto da 45 domande a risposta multipla con 4 possibilità di risposta di cui una sola giusta.
La soglia di superamento prevista è del 75%. E’ prevista una doppia randomizzazione delle domande.
SONO POSSIBILI 5 TENTATIVI

Il corso darà diritto a ben 10  crediti ECM previo superamento del prova finale.


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IL PIEDE DEL BAMBINO – Il piede piatto

INTRODUZIONE


Il piede piatto è una condizione clinica di frequente osservazione durante lo sviluppo del bambino e presenta una storia naturale oggi ben conosciuta. Per questo, i professionisti che approcciano questi piccoli pazienti devono avere ben presente come comportarsi in base all’età del paziente ed al potenziale evolutivo della condizione.

Prima di addentrarsi nelle varie opzioni di trattamento disponibili, ortesica, conservativa o chirurgica, il corso pone l’accento sulle peculiarità anatomiche e biomeccaniche del piede, una struttura complessa e multifunzionale


IL PIEDE


Il piede possiede una struttura complessa, dinamica e multifunzionale.

Durante l’evoluzione umana è il segmento che ha subito i maggiori adattamenti e rappresenta uno dei cardini principali per differenziarci sulla linea evolutiva sviluppando delle caratteristiche peculiari per ottimizzare la postura eretta statica e dinamica, gestendo un continuo compromesso tra le esigenze di adattamento al terreno e quelle di propulsione energeticamente efficace.



LO STUDIO BIOMECCANICO


Lo studio biomeccanico del piede ha affrontato la complessità propria di questa struttura con molti approcci diversi nel corso degli anni.

Per molto tempo, il piede è stato considerato una struttura statica, deputata al ruolo di sostegno antigravitario e per questo studiato con criteri meccanici, quasi architettonici. Solo con il tempo e le acquisizioni scientifiche si è passati ad analizzare la struttura e la funzione del piede attraverso criteri più anatomici, comunque legati ad una geometria ben definita, sempre statica.

Solo negli ultimi 40 anni i concetti di cinetica, e di equilibrio muscolare hanno cominciato a fare capolino, riconoscendo un ruolo attivo e dinamico nella conformazione della struttura del piede.

Infine è stata la Scuola italiana con gli studi di Pisani, Paparella Treccia e Ronconi a riconoscere finalmente al piede il suo ruolo di servomeccanismo di controllo attivo della gravità all’interno di un sistema complesso di assorbimento del carico di tipo senso-motorio.


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IL PIEDE PIATTO


Quella del “piede piatto” è ancora oggi una definizione irrisolta.

Non è possibile identificare in questi termini un’entità nosologica precisa ma piuttosto ci si può riferire ad una manifestazione clinica alla quale possono sottendere diverse cause. Non esistono infatti, parametri universalmente accettati che possano aiutarci a definirlo in un modo, diciamo così, matematico.

In linea di massima, la definizione nasce dalla descrizione morfologica del piede in carico, oltre che dalla sua condizione anatomopatologica. In questi termini, è possibile definire il piede piatto come: “Un dismorfismo del piede caratterizzato dall’abbassamento della volta plantare e dalla deviazione in valgo del retropiede”


LA CLASSIFICAZIONE DEL PIEDE PIATTO


La classificazione del PPVI si basa sull’osservazione dell’impronta plantare al podoscopio. Questo strumento permette di studiare la conformazione dell’impronta statica ed in carico corporeo, situazione che, come sappiamo, determina l’abbassamento della volta plantare in questo tipo di piede. Lo strumento permette di valutare anche le eventuali deviazioni del calcagno, osservate da dietro.

Pisani, infatti, ci insegna che un “ispettivo piattismo” non determina necessariamente un appiattimento dell’arco, ma che un calcagno valgo può far sembrare piatto un piede in effetti cavo.

TIPI DI TRATTAMENTO

– CON ORTESI PLANTARI
Il trattamento ortesico deve affrontare i momenti patogenetici che si sviluppano tra calcagno ed astragalo e nella coxa pedis e che portano alla mancata strutturazione dell’arco longitudinale plantare

– LA FISIOKINESITERAPIA
La fisiokinesiterapia da sola o contestualmente all’uso di ortesi plantari punta a modificare la posizione di valgismo del retropiede e ripristinare il fisiologico arco longitudinale mediale.

– LAVORO ARTICOLARE
Se si osserva un aumento della rigidità secondario alla brevità del tendine d’achille, si possono integrare alcuni esercizi di stretching nella sessione riabilitativa.
Lo scopo dello stretching è:
✓Ridurre la rigidità
✓Incrementare il rom articolare
✓Incrementare la lunghezza del complesso muscolo-tendine

– L’APPROCCIO CHIRURGICO
La via chirurgica per la correzione del piede piatto flessibile è un approccio relativamente raro. Secondo i diversi Autori, infatti, va incontro a correzione chirurgica una percentuale di pazienti che va dal 2% al 15%. Questo perché nell’approcciarsi alla chirurgia, va considerato come un piede che sia solo morfologicamente piatto spesso non presenti alcun tipo di disturbi funzionali e sia quindi ben tollerato dal paziente.


IL PIEDE DEL BAMBINO – IL PIEDE PIATTO. Approfondisci con un corso specialistico ECM FAD da 15 crediti


In questo corso ECM dal titolo IL PIEDE DEL BAMBINO – IL PIEDE PIATTO. Anatomia biomeccanica ed opzioni di trattamento

a cura della Dott. Ivan Di Francescantoniosi pone l’obiettivo di dare llustrati gli elementi utili per affrontare la condizione di piede piatto infantile.

Il corso è così suddiviso:

CAP 1 – Anatomia funzionale e biomeccanica
CAP 2 – Classificazione
CAP 3 – Valutazione iniziale
CAP 4 – Trattamento conservativo
CAP 5 – Cenni di trattamento chirurgico
TEST DI VALUTAZIONE FINALE

La prova di apprendimento potrà essere effettuata al termine del corso, dopo aver seguito le lezioni.

La prova di apprendimento consisterà in un questionario composto da 45 domande a risposta multipla con 4 possibilità di risposta di cui una sola giusta.
La soglia di superamento prevista è del 75%. E’ prevista una doppia randomizzazione delle domande.
SONO POSSIBILI 5 TENTATIVI

Il corso darà diritto a ben 15  crediti ECM previo superamento del prova finale.


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